OBESITA' PSICOGENA
Uno dei problemi dei pazienti obesi è quello di perdere peso ma trattamenti particolarmente peso-centrati nel 50% dei casi sono fallimentari e risultano soluzioni semplicistiche rispetto alla complessità di una patologia come l’obesità per cui, il peso è un problema ma è soprattutto un effetto. L’obeso, infatti, ha sperimentato una serie di diete dunque la difficoltà non è iniziare una dieta ma continuarla. Può perdere molto peso ma, come chi smette di fumare e riprende dopo anni, può incredibilmente recuperare il peso perso e scivolare in quel circolo vizioso della dipendenza. Infatti, è di dipendenza che si tratta e tale, rappresenta il nodo cruciale nell’epidemiologia dell’obesità che per molti aspetti è assimilabile ad un vero e proprio comportamento dipendente. Le ultime evidenze scientifiche, segnalano un legame tra l’obesità e la mente dato da una carenza di dopaminadirettamente proporzionale all’Indice di Massa Corporea. La spinta alla sovralimentazione, quindi, non è solo una risposta alla stimolo della fame ma nasce anche dalla necessità di stimolare più intensamente i circuiti del piacere particolarmente suscettibili ai cibi spazzatura che rappresentano delle vere e proprie sostanze stupefacenti per il nostro cervello e sono precursori di quel loop malessere-mangiare-malessere, per cui il soggetto deve ingerire una quantità di cibo sempre maggiore per stimolare i circuiti del piacere che non vengono attivati a sufficienza dall’interazione con l’ambiente. La presenza ridotta dei recettori della Dopamina spiega inoltre, il minore livello di auto-efficacia dei soggetti obesi e la loro difficoltà nel continuare la dieta e mantenere un impegno nel lungo termine per effetto di disinibizione “ho provato-ho fallito-mi lascio andare al piacere del cibo” mentre le difficoltà assumono dimensioni sempre più ampie e speculari alle misure dell’obesità. La massa adiposa rappresenta una sorta di barriera protettiva dal mondo esterno e dai sentimenti di disvalore, che si superano illusoriamente riempiendosi di cibo fino a divenire una “persona di peso”. Dall’altra il cibo è uno strumento fortemente aggressivo per l’obeso che può “mangiare fino a scoppiare” con una serie di complicanze correlate come: problemi di salute e diminuita aspettativa di vita. Chi soffre di obesità psicogena, di fronte alle emozioni è assalito dall’ansia di non saper gestire la sua emotività, così cerca di affogarla tra un‘abbuffata e un’altra senza che sia avvenuto prima un processo di codificata e decodificata. Le emozioni pertanto, non sono esperite come tali ma attraverso l’iperalimentazione come unico mezzo di comunicazione dell’emotività. Molto spesso è un’abitudine appresa durante l’ infanzia quando la risposta che la madre fornisce a fronte di qualunque malessere del bambino è il cibo, questi crescerà senza una base sicura e senza essere in grado di distinguere i differenti disagi che prova imparando a dare a tutto un’unica risposta: mangiare. Mangiare diventerà la reazione al dolore, come quella del chiodo schiaccia chiodo, in cui si cerca di compensare ogni vuoto con “ rifiuti” senza nutrire se stesso e i propri bisogni.
Dr.ssa Donatella Pepe - Psicologa
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