Su consiglio della psicologa abbiamo portato Jonny (nome immaginario) ad un consulto con uno psichiatra specialista nel campo della neuropsichiatria infantile. Il bimbo, di anni 10, affetto da ADHD è stato valutato affetto da ansia grave, dopo solo alcuni test ed un colloquio con la sola madre in quanto il bambino si è rifiutato di parlare da solo con lo specialista (il tutto durato nemmeno un’ora). Per aiutare il piccolo ad affrontare il suo disagio con gli altri gli è stato prescritto ZOLOFT 15 ml al giorno. Purtroppo abitando lontano non è stato possibile far seguire il bambino dallo psichiatra e siamo rimasti un po’ troppo soli per poter valutare la prosecuzione della cura.
Al controllo, dopo circa 2 mesi di trattamento, il dottore ha stabilito che il bimbo è un caso grave perché non è capace ad affrontare il dolore. Unico suo consiglio era quello di cercare di farlo soffrire e di continuare la cura con ZOLOFT.
Mi chiedo come possa aver dedotto tutto questo con un bambino che ha fatto di tutto per non parlare con quello sconosciuto.
Comunque il mio non vuole essere uno sfogo ma semplicemente una richiesta di aiuto.
Prima di tutto questo il bambino aveva comunque trovato il modo di gestire le sue paure, magari non era il sistema giusto perché mettersi da parte e dire che tutto andava bene era di comodo per tutti ma almeno non era in difficoltà. Ora invece, in pochi mesi, è cambiato tantissimo. Alla sera non riesce a stare fermo, continua a muoversi camminando magari per nessun motivo. Si ritrova ad essere impulsivo tirando fuori tanta rabbia proprio quando non serve. Poi magari piange per cose di poco conto o ancora peggio si mette sul divano e dice di voler rimanere da solo. Poi come niente cambia e diventa il bambino di sempre. Per non parlare delle sue uscite sulla morte alle quali facciamo un po’ finta di non badare troppo ma che spaventano fin troppo. Nulla di grave ma .. non mi sembrano proprio discorsi di un bambino così piccolo che dovrebbe solo pensare a divertirsi. Inoltre ogni tanto si lamenta di non stare bene ma non sa spiegare come si sente.
Detto questo cosa chiedo? Deve davvero continuare ad assumere questo farmaco oppure gli effetti collaterali sono troppo forti rispetto al bene che può dare la medicina. Senza poi tralasciare che tutta la sua paura di non essere accettato dai compagni non è per niente svanita, anzi.

Senza entrare nel merito del caso specifico, diciamo che il percorso diagnostico fatto, così come descritto, è sufficiente per trarre una diagnosi, che poi la diagnosi sia corretta o sbagliata è un altro discorso. Anche il rifiuto di parlare con il medico è da considerare comunque come elemento di valutazione, quindi non c'è da stupirsi che lo specialista sia arrivato a una diagnosi senza aver parlato con Jonny. Io mi soffermerei piuttosto sulla terapia. Credo che una visita di controllo ogni due mesi, considerati i sintomi, potrebbe essere insufficiente. Sarebbe auspicabile una più alta frequenza degli incontri con uno specialista, incontri che sarebbero più efficaci, stando alla diagnosi, se alla farmacoterapia venisse affiancata una terapia psicodinamica, che servisse anche a spiegare a Jonny la differenza tra ciò che prova per la malattia e ciò che invece prova come conseguenza della medicina che assume, che gli consentisse di parlare delle sue paure in un ambiente in cui si senta accolto, senza prendere medicine ma trovandosi davanti a una persona che percepisse come in grado di comprenderlo e aiutarlo a risolvere i suoi problemi e a conoscenza delle giuste tecniche per raggiungere questo obiettivo. Sarebbe utile sapere se il bambino vede ancora la psicologa ed eventualmente perchè ha smesso di vederla.

Concordo pienamente con il collega Artale, è importante e necessario che il bambino segua un percorso terapeutico che possa permettergli di modulare/risolvere/gestire le problematiche che esprime, attraverso la relazione accogliente, non giudicante e curativa con uno specialista (psicologo psicoterapeuta).
Cordiali saluti

Prima di tutto voglio ringraziare per le risposte molto solerti.
In effetti la psicologa che lo seguiva prima aveva indicato proprio questo cammino per capire se i suoi problemi erano legati maggiormente alla ADHD e alla dislessia o se riguardavano di più invece la sfera emotiva.
Ora, in accordo con il dottore che gli ha prescritto il farmaco, stiamo togliendo pian piano il medicinale proprio perchè gli effetti collaterali si sono dimostrati veramente troppo marcati.
Inoltre, come anche indicato nelle vostre risposte, siamo riusciti a trovare una psicologa che, invece di sottoporre il bimbo a tanti esami e a farlo sentire continuamente giudicato, lo ha accolto in un modo completamente diverso, facendolo sentire a suo agio e parlandogli molto senza voler per forza far uscire quello che ha dentro. Ci sarà anche il momento per qualche domanda ma questo non deve prevalere su tutto anzi, è lei a dargli molti suggerimenti per affrontare il suo disagio. Speriamo che pian piano questo ragazzo possa trovare la serenità dentro di sè e che anche noi insieme possiamo capire gli errori commessi per crescere insieme.
Ringrazio di cuore voi tutti.